L'atrio di Palazzo Cini a San Vio inizia a "riempirsi" d'acqua
A Venezia le alte maree ci sono sempre state e per evitare che l’acqua, defluendo in mare, si portasse via la terra, si costruirono palazzi e fondamente lungo gli argini delle isole. Nel 1740 il Senato decise di rinforzare il litorale con la costruzione dei Murazzi che furono un’opera grandiosa di difesa della laguna. Per tutta la durata della Repubblica si garantirono i fragili equilibri idrogeologici con una attenta e umile osservazione e con continui interventi sperimentali, compatibili e reversibili. Quando dopo la caduta della Serenissima (1797) i Francesi, prima, e gli Asburgo, poi, vollero trasformare Venezia nel porto dell’Impero, cominciarono i guai per l’habitat lagunare.
Le alte maree eccezionali iniziarono a manifestarsi con preoccupante frequenza e rilevanza in seguito all’escavo dei canali portuali e alla costruzione dei moli foranei che facilitarono, con l’approfondimento dei fondali, l’ingresso dei piroscafi nella laguna, ma anche quello della massa marina. Dal 1867 al 1951 le maree si intensificarono e i loro livelli si innalzarono. Il 12 novembre del 1951 l’acqua raggiunse 1 metro e 51 cm., negli anni seguenti le alluvioni si stabilizzarono intorno al metro e 10-20. L’inizio dell’escavo del Canale dei Petroli aprì un varco profondo che portò l’Adriatico più vicino a Venezia. L’acqua alta del 4 novembre 1966 superò ogni previsione toccando il picco di 1 metro e 94 cm. E fu il disastro. Dopo la tragedia si discusse fino al 1999, poi i governi D’Alema (1998-1999) Amato (2000-2001) e Berlusconi (2001-2005) con una straordinaria continuità di intenti, decisero la realizzazione del Modello Sperimentale Elettromeccanico (MOSE).
Si trattava del progetto più costoso nella esecuzione e nella manutenzione fra i tanti vagliati per la difesa i Venezia. Consiste nella chiusura contemporanea delle tre bocche di porto con 78 gigantesche paratoie che, al salire della marea, dovrebbero alzarsi e andare in risonanza, trattenute al fondo da cerniere. Progetto che assorbì tutti i finanziamenti stanziati per la salvaguardia di Venezia con una cronaca poco edificante di corruzione e di sprechi.
La sera del 12 novembre 2019 Venezia si è trovata sola davanti ad un Adriatico gonfio spintole addosso da un forte vento che l’ha sommersa con 1 metro e 87 cm. di acqua, la più alta dopo il ‘66. La punta massima di marea prevista per le 10 era di 140 cm., ma alle alle 10,30 continuava a salire. Non si ritirava, trattenuta sulla città da raffiche a 100 km l’ora che staccavano le imbarcazioni dagli ormeggi, le sollevavano come fuscelli, le scagliavano sulle fondamente, oppure le spingevano nelle calli trasformate in fiumi. Le onde si infrangevano sui ponti e sulle rive, demolendo ringhiere e parapetti, trascinavano via edicole, balaustre, superavano le barriere inondando androni, negozi ed edifici di ogni genere. I negozianti alzavano le merci, i frigoriferi, i macchinari, in una gara affannosa con l’acqua che saliva sollevavano ogni cosa in alto fino a sbattere contro il soffitto e fermarsi nell’impotenza e nella rassegnazione. A quel punto si è dovuto lasciare che l’acqua si prendesse tutto.
Nemmeno la sirena era tarata per avvisare che stava arrivando un’onda di marea sopra i 140 cm. stabiliti dal Comune come massimo segnalabile. La rabbia e l’indignazione sono montate più della marea. Alle 11 il vento teso continuava a fustigare il Bacino di San Marco e ogni calle e canale. Fortunatamente dopo le 11,30 il cupo rumore delle raffiche si è interrotto, il vento è calato d’improvviso lasciando che la marea si ritirasse nell’Adriatico. Il livello dell’acqua ha cominciato a scendere. Venezia è salva, ma ha subito un’aggressione fisica che pagheranno, come sempre, i suoi abitanti: i più fortunati avranno intonaci, pavimenti e muri da rifare, i danni strutturali si vedranno solo alla lunga, i commercianti hanno trascorso ore drammatiche perdendo, tanto o poco, quello che basta per doversi reimpostare l’attività. Alcuni preferiranno chiudere. Altri se ne andranno via. Il patrimonio culturale è ferito al cuore.
(tratto da Nelli Vanzan Marchini, La tragica notte del 12 novembre 2019. Venezia e l’acqua alta, 16 novembre 2019)