12 novembre 2019

Acqua Granda a San Vio

L'atrio di Palazzo Cini a San Vio inizia a "riempirsi" d'acqua

A Venezia le alte maree ci sono sempre state e per evitare che l’acqua, defluendo in mare, si portasse via  la terra,  si costruirono palazzi e fondamente lungo gli argini delle isole. Nel 1740 il Senato decise di rinforzare il litorale con la costruzione dei Murazzi che furono un’opera grandiosa di difesa della laguna. Per tutta la durata della Repubblica si garantirono i fragili equilibri idrogeologici con una attenta e umile osservazione e con continui interventi sperimentali, compatibili e reversibili.  Quando dopo la caduta della Serenissima (1797) i Francesi, prima, e gli Asburgo, poi, vollero trasformare Venezia nel porto dell’Impero, cominciarono i guai per l’habitat lagunare.

Le alte maree eccezionali iniziarono a manifestarsi con preoccupante frequenza e rilevanza in seguito all’escavo dei canali portuali e alla costruzione dei moli foranei che facilitarono, con l’approfondimento dei fondali, l’ingresso dei piroscafi nella laguna, ma anche quello della massa marina. Dal 1867 al 1951 le maree si intensificarono e i loro livelli si innalzarono. Il 12 novembre del 1951 l’acqua raggiunse 1 metro e 51 cm., negli anni seguenti le alluvioni si stabilizzarono intorno al metro e 10-20. L’inizio dell’escavo del Canale dei Petroli aprì un varco profondo che portò l’Adriatico più vicino a Venezia. L’acqua alta del 4 novembre 1966 superò ogni previsione toccando il picco di 1 metro e 94 cm. E fu il disastro.  Dopo la tragedia si discusse fino al 1999, poi i governi D’Alema (1998-1999) Amato (2000-2001) e Berlusconi (2001-2005) con una straordinaria continuità di intenti, decisero la realizzazione del Modello Sperimentale Elettromeccanico (MOSE).

Si trattava del progetto più costoso nella esecuzione e nella manutenzione fra i tanti vagliati per la difesa i Venezia. Consiste nella chiusura contemporanea delle tre bocche di porto con 78 gigantesche paratoie che, al salire della marea, dovrebbero alzarsi e andare in risonanza, trattenute al fondo da cerniere. Progetto che assorbì tutti i finanziamenti stanziati per la salvaguardia di Venezia con una cronaca poco edificante di corruzione e di sprechi.

La sera del 12 novembre 2019 Venezia si è trovata sola davanti ad un Adriatico gonfio spintole addosso da un forte vento che l’ha sommersa con 1 metro e 87 cm. di acqua, la più alta dopo il ‘66. La punta massima di marea prevista per le 10 era di 140 cm., ma alle alle 10,30 continuava a salire. Non si ritirava, trattenuta sulla città da raffiche a 100 km l’ora che staccavano  le imbarcazioni dagli ormeggi, le sollevavano come fuscelli, le scagliavano sulle fondamente,  oppure le spingevano nelle calli  trasformate in  fiumi. Le onde si infrangevano sui ponti e sulle rive, demolendo ringhiere e parapetti, trascinavano via edicole, balaustre, superavano le barriere  inondando androni, negozi ed edifici di ogni genere. I negozianti alzavano le merci, i frigoriferi, i macchinari, in una gara affannosa con l’acqua che saliva sollevavano ogni cosa in alto fino a sbattere contro il soffitto e fermarsi nell’impotenza e nella rassegnazione. A quel punto  si è dovuto lasciare che l’acqua si prendesse tutto.

Nemmeno la sirena era tarata per avvisare che stava arrivando un’onda di marea sopra i 140 cm. stabiliti dal Comune come massimo segnalabile. La rabbia e l’indignazione sono montate più della marea. Alle 11 il vento teso continuava a fustigare il Bacino di San Marco e ogni calle e canale. Fortunatamente dopo le 11,30 il cupo rumore delle raffiche si è interrotto, il vento è calato d’improvviso lasciando che la marea si ritirasse  nell’Adriatico. Il livello dell’acqua ha cominciato a scendere. Venezia è salva, ma ha subito un’aggressione fisica che pagheranno, come sempre, i suoi abitanti: i più fortunati avranno intonaci, pavimenti e muri da rifare, i danni strutturali si vedranno solo alla lunga, i commercianti hanno trascorso ore drammatiche perdendo, tanto o poco, quello che basta per doversi reimpostare l’attività.  Alcuni preferiranno chiudere. Altri se ne andranno via.  Il patrimonio culturale è ferito al cuore. 

(tratto da Nelli Vanzan Marchini, La tragica notte del 12 novembre 2019. Venezia e l’acqua alta, 16 novembre 2019)


Immagini dell'acqua alta del 12 novembre 2019 da San Vio

L'atrio di Palazzo Cini a San Vio inizia a  riempirsi  d'acqua Primo studiolo a Palazzo Cini a San Vio Un ingresso al negozio a San Vio L'altro ingresso al negozio di San Vio Primo studiolo di Palazzo Cini a San Vio con la scaffalatura bassa sott'acqua Studiolo di Palazzo Cini a San Vio con oltre 180 cm d'acqua Studiolo di Palazzo Cini a San Vio con oltre 180 cm d'acqua ... poi salirà ancora un po' Tutto galleggia Studiolo ex-Peck: disperato tentativo di salvare libri e carte, ma anche il divano è finito sott'acqua Altro divano semi-sommerso Il livello raggiunto dall'acqua, sotto il tavolino ... e sul letto Sedie e cucinino appena risistemato Corridoio d'ingresso L'ascensore (ovviamente fuori uso) Locale caldaie (bruciata autoclave di Giorgio) Locale caldaie Sacco di immondizie inzuppate L'atrio di Palazzo Cini a San Vio Deposito con un valigione abbattuto L'uscita sul rio di San Vio Campo San Vio sommerso oltre il rio L'ingresso sul rio di San Vio L'atrio di Palazzo Cini con il tavolo della biglietteria Il portone del Palazzo da dentro Le encomiabili netturbine lavorano in condizioni pazzesche, ma riescono a portare via quintali di immondizia inzuppata La calle davanti a Palazzo Cini a San Vio con l'acqua che si abbassa Il rio di San Vio copre per 40 cm la fondamenta Bepi sorveglia gli operai che portano fuori centinaia di chili di carte e altro bagnati La sabbia portata dallo scirocco Il portone d'ingresso e lo spazio contatori di acqua e gas parzialmente sommersi Il corridoio d'ingresso L'acqua invade i cassetti del corridoio d'ingresso (non era mai successo) Il tavolo della biglietteria nell'atrio (si salvano a malapena registratore di cassa, computer e macchina per i biglietti) La base della scala ovoidale con scatole di oggetti che sono riuscito a mettere in salvo sul tavolo non sommerso L'espositore ribaltato e la panca piena di oggetti che tentiamo di salvare L'espositore travolto dalla forza della marea e i volumi distrutti Prezioso volume della Fondazione Giorgio Cini Libri annegati dall'espositore caduto L'acqua ha ragiunto la base della panchetta dell'atrio di ingresso sotto la statua dell'impotente San Giorgio Il corridoio d'ingresso ai piani superiori La porta dell'appartamento di Domizia che sta andando sott'acqua oltre i 160 cm (si arriverà a 187 cm) Il ponte di San Vio con i rifiuti che hanno raggiunto la sommità L'angolo del negozio con la marea non ancora al suo massimo L'acqua ha sommerso l'intera tazza del water e bagnato il fondo dello scatolone della stampante Il distintivo dell'AIL sempre a galla davanti alla porta di uno studiolo Tavolo della biglietteria Atrio e tavolo del bookshop Atrio del Palazzo, rio e campo di San Vio: un continuum inondato Il distintivo dell'AIL galleggia sempre Libri del bookshop da macero